in arte “Ciccio Paradise”
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intervista di A.R. in occasione del festival Cirk Fantastik, settembre 2015
Partiamo dalle origini della tua relazione col pubblico… quando eri uno spettatore e quando hai cominciato a fare i tuoi primi spettacoli
Avendo iniziato a fare spettacolo all’età di 18 anni, il mio periodo di spettatore disinteressato è durato molto poco. A fine anni ’90 le scuole di teatro di strada e circo non erano presenti sul territorio italiano e ogni spettacolo che si incontrava diventava una lezione, un momento formativo in cui bisognava capire e recepire più consigli utili possibili su come impostare e gestire uno spettacolo. Iniziai a scoprire le varie differenze di impatto che uno spettacolo ha sul pubblico: artisti che mettono in scena il proprio ingegno creativo, altri che studiano molto la drammaturgia e altri ancora che ripropongono in varie salse il classico e intramontabile canovaccio.
L’obiettivo dei miei spettacoli e delle mie performance, fin dall’inizio è sempre stato quello di far trascorrere al pubblico un momento di spensieratezza, non ho mai avuto l’obiettivo di volere lasciare un messaggio tra le righe, di insegnare qualcosa, o di fare riflettere troppo su alcune tematiche. Sono nato Clown è mi interessava far ridere con nuove idiozie, con l’obiettivo di creare con il pubblico una bolla magica che nasceva e moriva lì, in cui non una risata collettiva rimaneva il focus principale.
Tornando indietro, prima di arrivare qui, dopo il teatro di strada hai fatto altre esperienze di pubblico…cos’hai visto e vissuto?
Sono uno dei portatori sani del progetto di Giullari senza Frontiere (GSF) ho viaggiato tantissimo con loro e mi sono spesso confrontato con pubblici di altre culture, dal sudest asiatico all’africa al sudamerica. GSF, per me, è il progetto migliore per capire il pubblico: è un continuo studio antropologico della risata. Viaggiando in mezzo mondo ti rendi conto che anche tra culture estremamente diverse, ci sono degli elementi che le accomunano, soprattutto nell’assistere ad uno spettacolo. Per noi è molto interessante studiare il rapporto con ogni tipologia di pubblico e scoprire che ci sono meccanismi della risata e show che sono spesso uguali per tutti, anche se, a seconda della cultura e del paese in cui ti trovi, alcune cose funzionano bene e altre un bel po’ meno…
Ma quando dici uguale per tutti? cos’e’ che accumuna il pubblico tra il sudest asiatico e brindisi o milano che facevi per strada?
Col pubblico europeo c’e’ tanta differenza, siamo sovraccarichi di informazioni, e quindi anche nel momento in cui diventi spettatore le tue esigenze sono tante e la fretta ti assale. Siamo bombardati dalla tv, continuamente proiettati nel futuro, ci muoviamo alla velocità della luce e vediamo mille cose ovunque, non riusciamo più ad accontentarci del presente. Invece nei paesi in via di sviluppo la povertà non ti permette di avere progetti futuri, e vivi la tua vita attimo per attimo, perché nulla è scontato o garantito. La maggior parte della gente non ha la possibilità di vedere spettacoli e quando ne incontrano uno, per loro diventa un momento unico e speciale da gustarsi più che possono. Prestano un’attenzione molto più grande, nessuna fretta, nessuna inquietudine e nessuna pretesa. Questo ti permette, in qualche modo ti obbliga, a proporre sequenze semplici molto facili da comprendere, cose che da noi sarebbero perfino banali, viste e straviste, per loro si rivelano novità incredibili e funzionano tantissimo. Alla stessa stregua ciò che qui è considerata una performance di ricerca e ci potrebbe stupire, li non sarebbe comprensibile e quindi un vero fiasco.
Cosa riconoscevi in questi occhi, sia qui che li’, sia vent’anni fa che adesso? cos’e’ adesso per te il pubblico? una massa informe di occhi e mani che applaudono o vedi altro?
Quello che ho sempre visto è la voglia matta di essere stupiti, che sia dietro una risata o in un numero di abilità… vedo nel pubblico la curiosità, la voglia di vedere qualcosa di diverso dalla realtà di tutti i giorni, di sentirsi protagonisti perché “c’erano” e poter raccontare “ho visto uno che faceva… !” Il circo è l’arte che più soddisfa questa voglia di stupore, di unicità e che spesso lascia tutti a bocca aperta e con il fiato sospeso. Questo è quello che ho notato da noi e negli altri continenti che ho visitato, e credo che questo è ciò che il circo dovrebbe continuare a fare, offrire lo straordinario
Regalare un sorriso, un momento di ilarità… cosa hai trovato anche al di là di questo. Cosa ti ha sorpreso in questi anni? Ricordi alcuni episodi in cui il pubblico ti ha sorpreso, meravigliato?
A differenza degli spettacoli al chiuso come in un tendone o in un teatro, dove l’artista può scegliere di non entrare mai in contatto con il pubblico grazie alla famosa quarta parete, nello spettacolo di strada ogni volta è diverso e imprevedibile. Non sai mai se il tuo spettacolo, per quanto rodato e lavorato, riesca ad avere lo stesso impatto. In strada hai mille variabili che possono condizionare quello che proponi. Puoi sbagliare il momento, scegliere la piazza sbagliata e il tuo spettacolo non funziona. Nonostante tanti anni di esperienza sono errori che puoi sempre fare. La cosa che ancora oggi mi stupisce e riuscire a creare quella bolla magica in cui riesci a bloccare la gente a ottenere la sua fiducia e a produrre un momento unico, inaspettato e indimenticabile.
Più di una volta ricordo momenti di stupore. Varie volte mi è capitato quando giravamo con lo spettacolo Bacch&Toni, quello è stato il periodo in cui ho fatto tanta strada e ce ne sono successe di ogni. Spesso ci siamo trovati a fare tanti km, arrivare stanchissimi in un paesino, cercare con cura la piazza e la gente, proprio per non fare errori, e nel momento che ritenevamo il migliore per partire ritrovarci solo due o tre persone a passeggio. Ci siamo forzati ad iniziare lo stesso, contro tutto, e quelle due tre persone nel giro di 10/15 minuti sono diventate 200. Spesso ci è capitato in Basilicata, in paesini dove non c’è molto passeggio, ma la voce gira velocemente e una volta iniziato lo spettacolo ti accorgi del veloce tam tam e in pochissimo tempo tutto il paese era lì per noi. Una volta una persona, al momento del cappello, ci ha detto, “soldi non ne ho ma ora vi porto un regalo” dopo 5 minuti ci ha regalato un monociclo. Puoi immaginare la nostra meraviglia nel ricevere un monociclo in regalo in un paese delle montagne lucane, dove il mezzo di trasporto più diffuso era ancora il calessino con l’asinello.
Anche con i GSF ci siamo trovati in situazioni del tutto inusuali e inaspettate. Dopo aver fatto uno spettacolo nel mercato di Adis Abeba o nella discarica di Salvador di Bahia non puoi immaginare le porte che ti si aprono. Dopo lo spettacolo entri di diritto nella loro comunità, diventi uno di loro, anzi un loro ospite. E ci è capitato spesso di essere invitati a casa delle persone, che a tutti i costi volevano condividere con te quel poco che avevano, per la gioia di conoscersi e di stare insieme. Una volta abbiamo diviso 3 banane in 16 persone!
Tutti questi momenti che hai avuto col pubblico …spesso voi chiamate volontari in scena, coinvolgete il pubblico in gag…cos’altro avresti voluto o vuoi realizzare con il pubblico che non hai osato/ provato, al di là del coinvolgerlo in una gag in cui si presta? O preferisci mantenere questo alone di mistero dell’artista che arriva e poi a fine spettacolo riparte?
Sinceramente ancora non lo so, oltre a prendere volontari nello show mi è anche capitato di dover spostare interi pubblici da un ambiente all’altro per degli spettacoli in diverse location, ed è molto divertente.
Al momento durante il mio numero di Ping Pong prendo una volontaria che fa quasi tutto il numero con me, e mi sta capitando spesso che si crei un rapporto che va al di là dello spettacolo. Qualcuna mi scrive, qualcun’ altra torna a vedere il mio numero e si relazionano con me come se fossi un loro vecchio amico. Dopo aver condiviso insieme quei 5/6 minuti nella totale stupidità del numero di ping pong mi vedono come un amico con cui dire cretinate, come se il mio ruolo di Clown continuasse anche nella vita di tutti i giorni. La cosa è bellissima e mi fa molto piacere, forse è anche merito della tecnologia e dei social, ci si ritrova più facilmente e si ha la possibilità di potersi risentire.
Nello spettacolo e nel personaggio che porto in scena non sono affatto misterioso, anzi tutto l’opposto. Sono me stesso e svelo una parte di me che normalmente nella vita di tutti i giorni fa fatica a uscire. Sono una persona molta riservata e tranquilla, forse anche timida, e fare spettacolo per me non ha mai voluto dire mettersi una maschera per nascondersi, ma cogliere la possibilità di tirare fuori una parte del mio carattere, quella da protagonista, da direttore di orchestra che credo sia dentro ognuno di noi
Tentando un salto stratosferico, adesso che invece di fare il cerchio devi fare il cerchio per un festival e fare venire le persone a vedere spettacoli di altri artisti, anche diversi dai tuoi?…con che occhi diversi vedi ora il pubblico?
Ogni volta che mi occupo della direzione artistica di un evento è una bella scommessa. Devi sempre fare i conti con il tuo gusto personale e quello del pubblico. Aver fatto spettacolo per molti anni mi aiuta molto a capire le esigenze del pubblico. Durante uno spettacolo di strada devi sempre avere gli occhi sul pubblico, sempre molto variegato e casuale, e capire come modulare il tuo show affinché possa piacere a tutti, anche ricorrendo ad espedienti che non ti entusiasmano. L’organizzazione di un festival è un po’ la stessa cosa ma in grande, cerchi di proporre al pubblico una varietà di spettacoli che abbiano stili e chiavi di lettura diverse. Cirk Fantastik è un festival di circo contemporaneo che cerca di proporre spettacoli innovativi e di ricerca. Il circo contemporaneo, anche se in espansione, è un’arte performativa ancora poco conosciuta ed è molto difficile far cambiare le aspettative in persone che ancora si immaginano torte in faccia, tigri ed elefanti. Nel corso degli anni l’interesse sta aumentando, grazie anche alla diffusione sul territorio nazionale, ma la strada è ancora lunga. Grazie a spettacoli pluridisciplinari nei quali allo stesso tempo c’è ricerca creativa, drammaturgia, studio delle luci, musica dal vivo, danza, la tecnica circense rimane protagonista, ma non più l’unica. L’obbiettivo è quello di incuriosire e portare sotto un tendone di circo diverse tipologie di persone, dalla famiglia, all’appassionato di teatro di ricerca, di danza o di innovazione musicale.
L’edizione di quest’anno ha avuto un’inaspettato cambio di location che ci ha aiutato tantissimo nel poter arrivare ad una fetta di pubblico che per noi è molto interessante. Ci siamo spostati da un parco di quartiere al parco della città che spesso ospita eventi per ragazzi e giovani che solo per il fatto che fossimo lì hanno preso in considerazione di venire a vedere qualcosa. Nostro obbiettivo è quello di coinvolgere la fascia di età tra i 25 e i 45 anni e farla venire al circo con un interesse proprio, e non perché trascinato da qualcuno. Il circo dovrebbe essere visto come un luogo di crescita culturale, dove vedere spettacoli “fighi”, che possono smuovere delle emozioni e dare altri punti di vista della realtà.