intervista di A.R. a Stefan Sing e Cristiana Casadio, in occasione di Open Circus Dream, Tito (PZ), ottobre 2015
Arte, creazioni, pubblico… come vi rapportate al vostro pubblico con la vostra arte?
Stefan. In generale nel processo di creazione non penso assolutamente al pubblico, perchè mi interessa esplorare lo status quo, la connessione con la mia giocoleria, con la mia arte. Ciò che porto in scena, o nella mia ricerca, è sempre frutto di una mia ricerca personale. Prima di salire sul palco o nel mio spazio di allenamento/prova sono neutro, ma poi sul palco tendo a esagerare, perchè voglio sentire il loro feedback, voglio raggiungere il pubblico, voglio che la gente rida, e lo definirei quasi un problema! In realtà non voglio nulla dal pubblico, sono già felice se al pubblico piace ciò che faccio… semplicemente non voglio annoiarlo.
Cristiana. Cerchiamo di regalare le nostre emozioni a queste persone che arrivano a teatro dopo una giornata piena di avvenimenti, di regalare un’ora di emozioni che siano liberi di leggere ed interpretare come vogliono.
Pensate che gli spettatori comprendano la vostra arte?
Stefan – Sì, penso che la gente capisca cosa faccio perché non sono superprovocatore o molto contemporaneo… non sono mai troppo sperimentale in scena, perché molta gente non può accedere ai codici avanzati delle arti prerformative, voglio che sia comprensibile, godibile, ma voglio anche che ci possano essere una quantità di interpretazioni possibili. Non voglio mostrare qualcosa di esplicito, ma voglio mostrare qualcosa, ed é bello se la gente può interpretare, partendo da questo, cose diverse. voglio che tutti possano interpretare qualcosa. Per esempio nella danza molto moderna, sperimentale, a volte capisci il pezzo solo se conosci la storia della danza, tutta la sua evoluzione. Ma se non hai queste chiavi non capisci nulla, ed è qualcosa che io detesto.
Cristiana. Vengo dalla danza e lì non c’è il contatto col pubblico. E’ come se il pubblico guardasse una stanza e quello che accade dentro… anche per quanto riguarda il processo della creazione lavori con altri coreografi, ti dicono cosa devi fare, ma non e’ che considerino molto la presenza del pubblico. Adesso da quando lavoro con Stefan ho scoperto un’atmosfera nuova, ci è capitato anche di lavorare a volte in festival di strada, cosa che non avevo mai fatto prima… e lì è tutto giocato col contatto, l’energia che viene dal pubblico, ed è molto divertente… molto diverso…
In che modo il pubblico influenza o contribuisce al vostro lavoro, alle vostre creazioni?
Stefan. Ricevo quasi sempre un feedback durante o dopo lo spettacolo… la quantità di applausi, oppure dopo parlando con la gente, chiedendo meglio cosa gli è piaciuto o non gli è piaciuto. Ma le persone che prendo veramente in considerazione sono quelle che mi piacciono, di cui apprezzo il pensiero, cosa fanno, cosa pensano, gli altri artisti; questa è una fascia di persone che ascolto veramente. Accade anche che tu crei qualcosa, poi lo mostri la prima volta e ti sorprendi perché una cosa che non ti aspetti funzioni invece incontra l’interesse del pubblico… e certamente allora la tieni… alla stessa stregua ci sono idee che sono belle e non funzionano affatto in scena. In questo senso certamente il pubblico ha una certa influenza su quello che fai. Ma in generale cerchiamo di non farci condizionare così tanto.
Cristiana. Ho capito che nel momento in cui crei uno spettacolo devi decidere cosa vuoi fare in termini di contatto con il pubblico. Devi decidere a priori se questo contatto col pubblico ci deve essere o no, non puoi farlo a metà. Sicuramente c’è sempre dell’energia in gioco tra artisti e pubblico che si avverte, però penso che la questione sia proprio giocare con la reazione del pubblico quando entra in gioco
Quando senti la reazione del pubblico che ride, che applaude, ovviamente ti dà piacere, energia, torna indietro tutta l’energia che cerchi di dare… però cerco anche di non farmi influenzare più di tanto da questo. Il rischio è di diventare indulgenti, oppure di non consolidare la fiducia in se stessi, ti metti completamente nelle mani del pubblico…e allora magari dici “oddio! in questo momento di solito ridono e adesso non ridono… significa che l’ho fatto male”. Io non voglio cadere in questo. e’ facile, mi rendo conto che e’ facile cadere in questo e non lo voglio… ovviamente mi fa piacere quando sento la reazione, ma cerco di essere contenta e sodddisfatta a priori del lavoro che porto in scena
Cercate un contatto col pubblico, anche dopo gli spettacoli o nella fase di creazione?
Stefan – Nella fase di creazione no, dopo si, ti fa piacere ricevere un riscontro, vedi come reagisce il pubblico, e ti aiuta moltissimo. Ti aiuta a costruire il work in progress, verificare tutte le idee che stai portando in scena. Generalmente non accade spesso che incontriamo il pubblico dopo gli spettacoli. Ma e’ successo in Danimarca, era molto organizzato, dopo lo spettacolo gli artisti incontravano il pubblico al bar o in teatro, ed era fantastico, bellissimo, perché facevano domande interessantissime e ci hanno fatto scoprire prospettive e punti di vista sul nostro spettacolo che non avevamo notato. Erano gentilissimi ed era molto bello avere questo confronto. Anche in USA era bello, con domande di ogni tipo, e anche lì sono uscite cose belle, perché quando sei più vicino al pubblico non c’e più distanza tra noi e loro.
Ma vorrei andare oltre, creare qualcosa in cui non sei il solo artista sul palco, trovare il modo per cui anche il pubblico sia l’artista. Per esempio quando abbiamo visto una performance di Cunningham, un famoso coreografo, Cage/Cunningham e non c’era quasi musica, e il pubblico era molto confuso, perché non succedeva quasi nulla sul palco, erano nervosi… parlavano a voce alta, tossivano, si chiedevano cosa stesse succedendo, e non si accorgevano che in realtà questa fosse la performance, che i rumori che loro stessi producevano erano la musica dello spettacolo. Molti si erano arrabbiati e se n’erano andati arrabbiati…ed era invece stato fatto apposta, perché il pubblico era al centro della performance. Questo sarà il prossimo passo per noi, magari non così provocatorio, ma e’ possibile coinvolgere il pubblico e creare uno spazio per loro. Una volta ho provato una improvvisazione in cui il pubblico aveva 5 tipi di musica, glieli ho mostrati e il pubblico poteva scegliere che musica avrei usato. E io ho detto ok, potete anche urlare quello che volete che faccia: 6 palle … o quello che volete… ed è stato bello, ha funzionato. E’ qualcosa che ho in testa, non so se verrà… quando verrà…. ma é qualcosa da cui sono molto tentato