Appesi a un capello

Su un’arte misteriosa, sul rischio e sul contatto umano.

La troupe Medeiros, New York, 2014.

I“cavalieri del vento”, 14 guerrieri a cavallo dell’Uzbekistan, dopo aver messo in salvo Pegaso e l’unicorno, vestiti come eroi di un videogame fantasy, avevano appena lasciato la pista, quando un enorme cilindro di tela saliva dall’arena, nascondendola in altezza. Il pomeriggio del 4 Maggio 2014 a Providence, Rhode Island, il palasport Donkin Donuts era pieno di migliaia di famiglie, fedeli all’appuntamento con il Ringling bros. & Barnum and Bailey Circus, il pù grande circo del mondo da 144 anni. Ora il suo nuovo spettacolo “Legends”, ricco di innovazioni tecnologiche e ispirato alla mitologia, arrivava al clou. Al cadere del cilindro di tela, dalla cupola dell’arena appariva il “ fiore di loto vivente”: nove ragazze della troupe Medeiros, brasiliane e bulgare, legate l’una all’altra in una impossibile scultura aerea umana. Niente di nuovissimo, se non fosse che ciascuna di loro era sospesa esclusivamente per i capelli: un numero ambizioso, mai realizzato prima in quel modo.
Per quasi un centinaio di repliche era andato tutto bene. Ma quel pomeriggio, la trave portante iniziò a traballare. La struttura si sbilanciò da un lato, fino a staccarsi, e le acrobate collassarono al suolo, tra cavi e acciaio. Il pubblico credette per alcuni istanti a un effetto spettacolare. Ma quando entrò in pista l’ambulanza, e la vista fu oscurata da alcuni assistenti con pannelli provvisori, adulti e bambini realizzarono la realtà.

Vedere un incidente nel circo è come svegliarsi da un bel sogno nella peggiore realtà ordinaria. Andiamo al circo perché è l’unico biglietto possibile verso la terra delle leggende e degli eroi. Esigiamo il pericolo, il rischio, perché vogliamo essere sicuri che nella nostra umanità spaventata esista ancora qualcuno che ogni sera sappia superarlo, con coraggio e determinazione. Però non accettiamo la responsabilità di vederlo in faccia. Ma cos’é il pericolo, al circo? Si pensa che il rischio risieda sempre nello specifico della tecnica circense. Nel caso dell’incidente al circo Barnum, non si era trattato di un problema di capelli, ma del banale cedimento di un anello nella struttura aerea (le ragazze, purtroppo dopo un lungo ricovero, sono per fortuna sopravvissute). I nostri capelli in realtà sono molto più affidabili, e sorprendenti, di quanto pensiamo.

Non sappiamo quando e in quale terra lontana di leggenda, un saltimbanco scoprì che un capello può sostenere cento grammi; e la nostra intera testa, tra cinque e ottomila chili.
Il numero della “sospensione capillare” è straordinariamente affascinante, perché ai limiti dell’immaginario stesso del rischio: niente sembra più precario di un capello, e nel nostro inconscio esservi sospesi é l’ultima speranza proverbiale di sopravvivenza.
Il capello umano è un’entità tra la vita e la morte, col dono della resurrezione. Ne perdiamo più di 50 al giorno, ma in una vita media abbiamo la possibilità di produrne mille km., se li mettessimo tutti in fila. Il capello ha la dote invidiabile, che tutti sogniamo, di equilibrare la fragilità apparente con la forza.

L’edizione 1916 del circo Barnum e Bailey (Ringling Museum of Arts, Tibbals Collection, Sarasota, Florida).

N el 1916, il circo Barnum e Bailey era già da tempo il più grande del mondo. Anche quell’anno arrivò a Providence, come in decine di altre città americane. Su 89 vagoni ferroviari si portava dietro 1400 persone e una vera “arca di Noé zoologica”. Nell’edizione di quell’anno, sulle tre piste apparivano i più grandi acrobati europei a terra e in aria; la coreografia “Persia” con migliaia di costumi orientali; un numero di elefanti e uno di topi ammaestrati, una famiglia di giraffe, il leggendario nano cavallerizzo italiano Bagonghi, e un quadro acrobatico in cui apparivano contemporaneamente, per la prima volta in un circo americano, quattro troupes cinesi “direttamente da Pechino”. La Cina imperiale era ancora una terra di meraviglie, crudeltà e misteri. I primi acrobati che si vedevano spiccavano per esercizi stravaganti ai limiti del rischio e della resistenza fisica: contorsionismo estremo, equilibri sadici. Lo stesso numero del lancio di coltelli, da loro importato alcuni decenni prima, era noto come “punizione dell’impalo”. Anche gli ingoiatori di spade furono introdotti in Europa dalla Cina. In quegli stessi anni, persino il mago Houdini battezzò “tortura cinese” la propria famosa evasione dall’acqua. Bene, in questo spettacolo del 1916 la novità cinese erano esercizi appesi per i capelli: una scivolata dall’alto lungo un cavo obliquo, sospensioni di forza, e poi una cena seduti attorno al tavolo a dieci metri di altezza, tutti naturalmente affidati alla forza del cuoio capelluto. Come per la maggior parte delle tecniche cinesi, anche la sospensione capillare era a quel tempo una esibizione solo maschile.

La troupe Lijen-Chai San, 1910 circa, Germania (Amsterdam National Biblioteek).

Non si trattava di tribù misteriose: da alcuni anni in Europa alcune famiglie cinesi di acrobati avevano avuto fortuna grazie agli interessi di agenti teatrali, e al florido circuito dei teatri di varietà del vecchio continente: lo stesso giro in cui i talent-scout del circo Barnum avevano scovato i nuovi prodigi per l’America. Ma quella del Barnum é forse la prima testimonianza di una esibizione “capillari” a grandi altezze.
Ma i cinesi arrivati col Barnum furono forse gli ultimi: questo per lo scoppio della Ia Guerra Mondiale, e poi con la chiusura dei confini in seguito alla rivoluzione comunista. Però quelli che si trovavano in occidente decisero di restarci, e così intere famiglie di acrobati e fachiri cinesi si stabilirono in Germania, terra di circhi e varietà.

Hansa-Theater, Amburgo, 1975: la troupe cino-tedesca Sun Tseng Hai (programma di sala, coll.R.De Ritis)

Dopo il 1950, il circo cinese di regime epurò tutte le tecniche estreme e “volgari”, creando scuole di acrobazia pura sul modello sovietico: il circo classico cinese come lo conosciamo oggi. Ma grazie ai cinesi “tedeschi”, si creò in Europa una bolla di archeologia vivente: famiglie che continuavano a tramandarsi giochi e tecniche cinesi altrimenti perdute, come quelle di un secolo fa. Tra esse, la sospensione con i capelli. Troupes come Sun Tseng Hai, New China, o Chi Bao Guy hanno continuato a insinuarsi tra i night-club di Amburgo e Parigi, ad aggregarsi a circhi   austriaci o spagnoli, quando la Cina era divenuta  inaccessibile sia a noi che a loro: continuando indisturbati a saltare in cerchi di pugnali infuocati, o prendere il tè a mezz’aria sotto i nostri tendoni.

Michael Bratty, Stati Uniti, 1962 (courtesy IJA).

Le cose che si possono fare appesi ai capelli sono ben poche: tra queste, “gionglare” con qualche oggetto. Miguel Bratty era un giocoliere che, avendo visto i cinesi “tedeschi” decise di farsi crescere i capelli, vestirsi da cinese e fare tutto il suo numero appeso in aria. Nel 1962 era anche lui al circo Ringling-Barnum. Nella pista di fianco alla sua si esibiva un collega, Bert Holt, che, invece che con i capelli, faceva il giocoliere appeso con la forza mascellare: per i denti. E questa volta fu lui a cadere, lasciando la presa della bocca e rompendosi le costole. Come sostituire un numero unico al mondo? Bert aveva una figlia, Christine, ballerina sul filo: la quale da diversi anni, in segreto, provava dieci minuti al giorno la tecnica dei capelli di Bratty. Come nelle migliori favole dello show-business, sostituì all’improvviso il padre ferito, superando in bellezza e stile il numero meno aggraziato del rivale Bratty, e divenendo in un attimo una star.

Chrys Holt al circo Knie nel 1967 (copertina di programma, collezione R.De Ritis).

Era nata l’attrazione di Chrys Holt, rendendo femminile, attuale e seducente una tecnica fino ad allora legata ad un esotismo maschile e desueto. Chrys era perfetta per gli anni ’60, epoca in cui anche il circo voleva le proprie dive. Dal più grande circo del mondo, Chrys fu contesa dai maggiori  tendoni e palcoscenici d’Europa. Nel 1968 fu scritturata al Circo Nazionale Svizzero dei fratelli Knie: il tempio che da sempre per un artista di circo equivale alla consacrazione mondiale.
Ma la nostra storia é ancora lungi dal terminare. Per il momento prendiamoci una pausa; rilassatevi, sedevi in poltrona e godetevi questo documento rarissimo: il numero completo di Chrys Holt nel 1965 a Parigi, cliccando QUI (courtesy Circopedia/archivio Raffaele De Ritis).

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Puglie, 1978: Lucy Zoppis al circo Buks (locandina, coll. R.De Ritis).

Nel circo esiste una misteriosa energia in cui si generano tecniche, mode,

tendenze, per clonazione o imitazione, o vai a capire. Un segreto può trasmettersi per cinque generazioni di una stessa famiglia e spegnersi per sempre, o invece approdare in una scuola. Un genere può nascere come conseguenza improvvisa di un incidente tragico. Oppure una disciplina della pista può estinguersi a favore di altre novità o per il capriccio degli impresari. Negli anni ’70 la sospensione capillare si era fatta strada secondo diverse vie avventurose.

Da una parte Chrys Holt era diventata la diva delle giovani circensi francesi, italiane, spagnole o portoghesi: non c’era piccolo circo di provincia in cui un’avvenente imitatrice non ne replicasse il numero. Poi c’erano sempre i cinesi “tedeschi”, ma in un orientalismo sempre più fuori moda . Alla fine degli anni ’80, quando ormai arrivavano finalmente i cinesi veri con acrobazie vere, queste vecchie troupe si estinsero per sempre, e con essi i loro giochi come la sospensione capillare. Nel frattempo, Chrys Holt si era ritirata, e anche le sue imitatrici europee passarono ad altre mode circensi. E da allora, in tutta Europa, si perse il ricordo delle acrobata appese ai capelli: questa tecnica circense era praticamente estinta. Ma qualche fiammella, nel circo rimane  sempre accesa da qualche parte del mondo. Ed è così anche nel nostro caso, se seguitate a leggere questa storia facendo un passo indietro.

Marguerite Ayala, circo Ringling-Barnum, 1981 (programma, collezione R.De Ritis).

Negli anni ’20, in un minuscolo tendone sperduto tra i villaggi del Messico, Francisca Vazquez era riuscita ad appendersi per i capelli: anche lei nel 1916 aveva visto quei cinesi al circo Barnum e si era messa in testa di replicare il numero. E lo insegnò alla figlia, e poi alla figlia di sua figlia: al principio degli anni ’80 i Vazquez erano alla quinta generazione di una grande famiglia di circo e l’ultima di loro, Michelle Ayala, era diventata la star “capillare” del circo mondiale: e, sempre per il solito gioco del destino, ancora una volta al circo Barnum. Nel 1982 Michelle cadde, e restò una settimana in coma. Ma tornò a volare, e insegnò il segreto dei capelli alla figlia Marguerite. Nel frattempo, come era accaduto con Chrys Holt in Europa, tutti i piccoli circhi messicani iniziarono a emulare il numero dei capelli: e poi quelli venezuelani, colombiani, fino ad arrivare in Brasile, dove il sole fa crescere le chiome fluenti e forti. Ed é qui che un acrobata, Andre Medeiros (che faceva il numero della motocicletta nel “globo della morte”), insegna alla moglie bulgara Viktoria la sospensione capillare. I Medeiros arrivano negli Usa, al circo Cole bros., e da qui chiamati al Barnum, per creare il “lampadario vivente” con cui abbiamo iniziato la nostra storia.

Danila Bim in “Volta”, Cirque du Soleil, 2017 (ph. Michael Kaas).

Nel frattempo il circo Barnum, alla venerabile età di 146 anni, nel 2017 chiude i battenti per sempre: e con esso si estingue anche il suo ruolo di grande laboratorio vivente di numeri aerei. Ma quando un circo si ferma, ce n’é un altro che parte: nello stesso anno il Cirque du Soleil lancia il tendone dello show “Volta”, ispirato agli sport e alle pratiche ludiche estreme della civiltà urbana. Anche i suoi talent-scout avevano scoperto da tempo il Brasile: e qui chiedono alla ginnasta aerea Danila Bim di creare un numero di sospensione ai capelli. “Volta” introduce questa tecnica a una generazione di spettatori e artisti che non frequentavano i grandi circhi di massa come il Ringling. Danila ci riesce con una coreografia innovativa, essenziale e alla moda: tra fascino della meditazione, magia, danza contemporanea e stupore da side-show.

Compagnie Galapiat, 2013

Pochi anni prima, un’altra scintilla capillare era intanto riemersa nel posto più lontano e imprevedibile del mondo: a Helsinki. Elice Habonce Muhonen e Sanja Kosonen avevano studiato circo al CNAC,la scuola statale del circo contemporaneo in Francia. Chissà, forse qui avevano visto un manifesto d’epoca di qualche cinese nelle piste francesi degli anni ’60. Nelle scuole di circo conta anche conservare le tracce della memoria: perché anche una locandina strappata mezzo secolo fa e conservata, può avere un effetto imprevedibile sulle generazioni future. Fondano una loro compagnia, Galapiat, e nel 2013 introducono la tecnica capillare nell’universo del circo contemporaneo con la creazione “Capillotractées”, investigando nuove tecniche espressive. Anch’esse a loro volta generano emulazione: nel Febbraio 2020, al Festival du Cirque de Demain di Parigi avevamo visto   Francesca Hyde & Laura Stokes, con la loro danza capillare al rallentatore Tirée par Les Cheveux. Poi, poche settimane dopo, c’é stato il lockdown.

La troupe cino-tedesca Chi Bao Guy al Cirque Amar, Francia, 1965 (Amsterdam Theatre Museum).

DDa un anno ci siamo abituati ad una realtà in cui tutto si può imparare a distanza, collegando gli angoli della terra con zoom e youtube, i tutorial e tutto il resto. Invece la storia della sospensione capillare, e più in generale quella del circo ci insegnano un’altra cosa, forse paradossale: che la cosa più materiale del mondo, il contatto fisico, é l’unico modo per conservare le forme più immateriali, ovvero le emozioni. Corpi e sudore assicurano il trasferimento della meraviglia nello spazio e nel tempo. Di mano in mano, di sguardo in sguardo, di capello in capello, dalla preistoria cinese agli anni ’60, dal Messico a Helsinki, dalla Sicilia a New York, tra incidenti e trionfi, chilometri di chiome hanno tessuto una rete millenaria, inestricabile, sfuggente e resistente, a tratti sparita e poi riemersa. E quel contatto umano torna sempre, dovrà tornare, e riportare alla vita altri misteri scomparsi del circo che stanno giacendo sotto la sabbia di qualche pista sperduta nel mondo.

Quando tra qualche settimana riapriranno i parrucchieri, guardate le ciocche per terra, liberate l’immaginazione: e ditemi se non vedete  comporsi una carta geografica immaginaria e infinita senza tempo, di misteri e meraviglie.

Foto autografa della troupe Chang Lien Shang, Berlino, anni ’20 circa (coll. Amsterdam Theatre Museum).

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